top of page

Emotional Heritage. Il diritto di ereditare.

Maura Mantelli.

The emptiness of the Great Britain Pavilion © Erica Scalcione for WMMQ

Non solo le persone, ma anche gli edifici sono contenitori di memorie.

Il concetto di Emotional Heritage si pone in netta opposizione all’idea tradizionale di patrimonio come bene fisico, monumentale, congelato nel tempo e separato dall’esperienza umana. Al contrario, questa visione propone un ampliamento radicale della nozione di eredità culturale, orientandola verso ciò che è invisibile, vissuto, affettivo. Ogni traccia lasciata nel tessuto costruito – un’usura su un gradino, una porta che cigola, una finestra che si affaccia su un vuoto ora diverso – è segno tangibile di un comportamento sociale, di una modalità di abitare, di una relazione emotiva con lo spazio.

 

L’architettura, letta in questa chiave, non è più solo disciplina del costruire, ma pratica culturale che si confronta con il tempo. La nozione di disegnare con il tempo, evocata nel testo, suggerisce un approccio in cui l’atto progettuale si innesta nel flusso della memoria e dell’uso, anziché azzerarli. Gli edifici abbandonati, per esempio, non sono semplicemente oggetti in disuso: sono rovine vive, testimoni di una costellazione di relazioni umane che continua a esistere nel ricordo e nell’immaginario collettivo.

 

In questo senso, l’idea di patrimonio si avvicina alla nozione di diritto ad ereditare, ovvero alla responsabilità di ascoltare, interpretare e tramandare ciò che è stato vissuto, anche se non ufficialmente registrato. L’emotional heritage non è una nostalgia estetizzante, ma una forma di resistenza culturale: riconoscere valore a ciò che è fragile, marginale, non celebrato. Una porta scrostata, un intonaco segnato, una cementina sbeccata diventano allora frammenti di un racconto collettivo che parla di lavoro, domesticità, affetti e abbandoni.

 

Flores & Prats portano in esposizione a Venezia materiali non finiti, processi e dubbi, e non soltanto un gesto curatoriale: è un posizionamento critico. Significa rifiutare l’idea di architettura come prodotto chiuso, e aprirla invece al dialogo, al tempo, alla possibilità. È riconoscere che anche l’indeterminato ha un valore, e che il progetto può essere uno strumento per custodire, piuttosto che cancellare.

 

Infine, il valore d’uso, evocato come criterio alternativo al valore commerciale, ripropone la centralità dell’esperienza nel giudizio sull’architettura. Non ciò che costa di più, ma ciò che serve, che risuona, che restituisce senso a chi lo vive o lo ha vissuto. In questo senso, l’emotional heritage non è un tema del passato, ma un progetto politico per il futuro. Un invito a praticare l’ascolto come forma di progettazione e la memoria come materiale dell’architettura.

Plastico della Sala Beckett - Flores & Prats  ©N Marco Santomauro

Plastico della Sala Beckett - Flores & Prats  ©N Marco Santomauro

Plastico della Sala Beckett - Flores & Prats  ©N Marco Santomauro

Plastico allestimento Biennale - Flores & Prats  ©N Marco Santomauro

bottom of page