Parliament of Ghosts.
Memoria e risonanze
Elisabetta Masciarelli.

Parliament of Ghosts - ©N Marco Santomauro

Parliament of Ghosts, nato come progetto espositivo per la galleria The Whitworth di Manchester nel contesto del Manchester International Festival del 2019, rappresenta un esempio emblematico di come l’architettura possa diventare strumento critico per interrogare la storia, attivare la memoria e ripensare i legami tra spazio, identità e potere. Originariamente concepito come riflessione sulle stratificazioni materiali e simboliche del colonialismo, il progetto si è successivamente incarnato nella terra rossa del Ghana, a Tamale, dando vita a un’architettura che è al tempo stesso rovina e costruzione, memoria e possibilità.
L’opera problematizza l’eredità delle infrastrutture coloniali – in particolare quella della Gold Coast Railway – e degli edifici modernisti degli anni Sessanta, simboli di un passato incompiuto e ora abbandonato. Parliament of Ghosts si pone come dispositivo capace di risvegliare tali memorie sommerse: lo fa attraverso un allestimento che mescola materiali locali, frammenti architettonici, oggetti e presenze non umane, evocando una “politica degli spettri” che mette in questione la linearità del tempo storico e l’autorità della narrazione ufficiale.
Il concetto chiave è quello di co-esistenza: lo spazio non è pensato come contenitore neutro, ma come campo di forze, dove elementi materiali e immateriali si incontrano e si interrogano a vicenda. L’intervento architettonico non si limita a conservare o ristrutturare, ma costruisce un ecosistema in cui le tracce del passato possono emergere e trovare nuove forme di espressione. L’uso della Red Clay, terra locale non trattata, sottolinea la volontà di radicare l’opera nel paesaggio culturale e fisico del Ghana, in opposizione alla neutralizzazione imposta dai modelli costruttivi coloniali.
Particolarmente rilevante è la dimensione educativa e partecipativa del progetto: ai giovani è offerta la possibilità di esplorare il proprio rapporto con lo spazio e la storia in modo attivo. Questo approccio restituisce all’architettura una funzione trasformativa, capace di produrre consapevolezza e agency. L’architettura diventa così uno strumento per rispondere a due domande centrali: come riattivare i ricordi a cui si era negato l’accesso? e come scavare nel passato per costruire nuovi futuri?
La risposta di Parliament of Ghosts non è mai nostalgica, ma profondamente politica. Riconoscere gli spettri del passato – quelli dell’oppressione, dello sfruttamento, ma anche della speranza e della resistenza – non significa idealizzarli, ma riattivarli come interlocutori di un presente che ha ancora bisogno di riparazione. In questo senso, il “parlamento” evocato dal titolo non è una metafora, ma una proposta: creare uno spazio per la negoziazione tra memorie plurime, per la coabitazione tra umano e non umano, per la progettazione condivisa di futuri postcoloniali. Da Giurista ho interpretato Parliament of Ghosts non è solo come forma di architettura, ma gesto culturale. Un gesto che può restituire voce a ciò che è stato silenziato e trasformare lo spazio costruito in uno spazio di ascolto, di dialogo e di possibilità.
Parliament of Ghosts - ©N Marco Santomauro